Mulino Peddis (rif.125)

Mulino

Rif: 125
Comune: Gonnosfanadiga 

Descrizione:

Il mulino è riportato nei documenti catastali del Cessato Catasto dell’U.T.E. di Cagliari (Frazione P1, Comune di Gonnosfanadiga, post 1881), derivante dai rilievi del catasto del Real Corpo di Stato Maggiore Generale (Catasto De Candia, anno 1845). L’opificio, localmente denominato Mulino Peddis, è riportato lungo il Rio Piras di Gonnosfanadiga nella cartografia I.G.M. F° 224-225 in scala 1:100.000 (C. Pecora – Guspini; Ril. 1898) e nel F° 225 I.G.M., Tav. III N.E. “Gonnosfanadiga” in scala 1:25.000 (ril. 1898). Il mulino è presente in dettaglio nella Sez. E, Foglio 9 in scala 1:2.000 del primo impianto del catasto del Comune di Gonnosfanadiga (ante 1931) sulla sponda sinistra del Riu Piras, raggiunto da una derivazione innestata nel fiume principale poco a monte e indirizzata nello stesso subito dopo aver servito il mulino. In realtà il catastale mostra nel sito la presenza di due edifici ravvicinati raggiunti in sequenza dalla stessa gora prima che questa riconfluisca nel corso d’acqua. Ciò fa presumere, appunto, la presenza di due autonomi punti di macinazione nel medesimo sito. Di entrambe le costruzioni si hanno testimonianze in loco.  La presenza di mulini idraulici lungo le sponde del Rio Piras è riportata anche nella vecchia carta del Touring Club Italiano in scala 1:250.000 (foglio “Iglesias”, 1908-1916). Il mulino è conosciuto anche come Mobiu de Sera Tabedda, ossia di zia Severa Zurru, probabilmente riferito all’ultimo periodo di attività, conclusosi intorno al 1925-28 (Rif. Concas M., 2014, Gonnosfanadiga. I mulini ad acqua. Storia, legislatura, contravvenzioni, processi, Maura Editrice). 

Il sito presenta interessanti elementi tecnico-funzionali e costruttivi dell’attività molitoria. Una larga gora (Foto 1), delimitata da basse sponde in muratura di pietrame, conduceva l’acqua all’edificio principale (Foto 2, 3). Qui il flusso parrebbe immettersi alla base dell’opificio attraverso due distinte docce (la folta vegetazione non consente la netta distinzione) e, quindi, azionare una coppia di macine con il relativo sistema di ruote a ritrecine; gli alloggi interrati delle ruote orizzontali sono visibili nel prospetto opposto dell’edificio. Lo scarico in uscite veniva, quindi, convogliato, come precedentemente accennato, ad un’altra limitrofa costruzione, piccola di dimensioni, probabilmente sede di un altro impianto di macinazione (Foto 4). La costruzione principale, caratterizzata da tetto a doppia falda, risulta per lo più intonacata esternamente; i punti più degradati mettono in evidenza la tessitura della muratura in pietrame costituita da trovanti di varia natura e litologia, con blocchi anche di grandi dimensioni disposti ad opera incerta, con inserimenti e rinzeppature mediante ciottolame. Alcuni tratti di muratura perimetrale risultano, invece, costituiti da conci sbozzati di granito disposti in corsi orizzontali. L’altro edificio, più piccolo e ridotto a rudere, presenta muratura perimetrale non completa in elevazione, costituita da pietrame disposto ad opera incerta, prevalentemente costituito da grossi ciottoli arrotondati di varie litologie, con inserimenti e rinzeppa ture mediante ciottolame. Parzialmente interrata e coperta da vegetazione è visibile una piccola apertura correlabile probabilmente con il canale d’ingresso alla doccia che indirizzava il getto ad una turbina. La presenza lungo le sponde della gora in muratura, a monte della costruzione principale, delle guide di innesto di paratie fanno ipotizzare la possibilità di interrompere e/o indirizzare il flusso idrico ad uno o entrambi gli impianti o, in caso di inattività, direttamente allo scarico.   

Cartografia:


mappa


Gallery:

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